Il recente caso del pane pugliese pigmentato chimicamente e spacciato per uno di quei prodotti da forno realizzati con carbone vegetale dovrebbe farci insospettire e insegnarci che non sempre l’apparenza gioca a favore della nostra salute, specialmente quando si tratta di cibo.
Dal rigore dei nostri nonni abbiamo appreso che osservare bene il cibo prima di acquistarlo è un valido aiuto contro le “fregature”. Se così si può dire, ad esempio, di ortaggi e frutta, con altri alimenti bisogna fare attenzione anche alle etichette. E occorre più di ogni altra cosa saperle interpretare.
Questo preambolo ci permette di introdurre il tema del giorno: le farine e le loro caratteristiche.
Oramai l’offerta del mercato al dettaglio (quello cioè più vicino a noi) rispetto a qualche anno fa sembra essersi decuplicata. Non più solo la farina 0 e quella 00, ma anche quella di segale, di soia, di monococco, di castagne, di orzo, di farro, di riso, di Kamut, di mais, di avena…
Prima di entrare tecnicamente nelle proprietà nutrizionali di ogni farina, è indispensabile fare chiarezza sui termini.
La prima specificazione sulla quale ricadono i nostri occhi è quella relativa al prodotto vegetale di partenza. Le farine più comuni derivano dal frumento (cioè il grano tenero, triticum aestivum) e a noi risulta più naturale definirle come “farine bianche”: sono polveri finissime dalla colorazione marmorea. Nel novero di queste rientra anche il grano duro (il cui vero nome è triticum durum) da cui la semola, che ha una granulometria più grande rispetto al grano tenero. Poi vi sono le farine ottenute dalla molitura di altri cereali (riso, farro, segale, mais per citarne solo alcuni dei più diffusi); dalla macinazione di “falsi cereali” come la quinoa, l’amaranto, il grano saraceno (non fatevi trarre in inganno dal nome: il grano saraceno non è un cereale). Le farine di castagne e di patate rappresentano altri due esempi di sfarinati appartenenti all’ampia categoria della fecola. Soia e ceci sono invece la base di due tipologie di farine di leguminose.
Ricapitoliamo citando le più commercializzate in Italia:
Non rientra nella categoria delle farine la crusca che è il “sottoprodotto” della macinazione di qualsiasi cariosside (cioè il “chicco”) di graminacea. Pensate che una volta era considerata la parte “meno nobile” (la famosa Accademia della Crusca nacque nella “metafora del grano”: la parte buona della lingua italiana da conservare e proteggere era la farina, la parte cattiva era la crusca). Questo tema, legato all’importanza delle fibre alimentari, merita un approfondimento a parte.
Torniamo alla definizione di farina 0 e 00. Spesso ci imbattiamo in questi due termini: cosa significano? Prima di rispondere a questa domanda, prendiamo in considerazione ciò che viene macinato: il chicco di frumento. Ogni chicco di grano tenero è composto da tre principali parti:
- un “guscio”, il 12% circa del totale, che contiene sali minerali, vitamine e fibre (la già citata crusca);
- l’endosperma, l’85% circa del totale, che racchiude la piccola percentuale di proteine del chicco e che è ricchissimo di amido;
- il germe, il 3% circa del totale, che include al suo interno vitamine del gruppo B e vitamina E, minerali, una quota importante di proteine (quasi il 40% del chicco), ferro, magnesio, fosforo, potassio e acidi grassi insaturi.
Una volta fatte queste considerazioni, è bene sapere che le farine di grano tenero, a seconda del grado di macinazione, si suddividono in:
– farina 00 (o “doppio zero”), la più acquistata, la più “povera” perché epurata del germe e della crusca pertanto ricca solo di carboidrati semplici, viene utilizzata per creare dolci o pasta fresca e spesso come addensante per altri alimenti;
– farina 0, rispetto a quella precedente è meno fine e mantiene una pur minima percentuale di crusca, adatta alla preparazione di pane e pizza;
– farina 1, la cui percentuale di crusca – cioè di fibre – è maggiore in confronto al tipo 0 e al tipo 00, ideale per il pane;
– farina 2, a metà tra la farina raffinata e quella integrale, ma meno complessa da lavorare rispetto a quest’ultima;
– farina integrale, mantiene tutto quanto era contenuto nel chicco di grano macinato ed ogni sua sostanza nutritiva.
Nella seconda parte di questa inchiesta che pubblicheremo tra dieci giorni, vi porterò a scoprire quali sono le farine migliori, le loro peculiarità e gli aspetti nutrizionali.
Da quello che suggerisci credo sia sempre preferibile una farina integrale.